Introduzione. Unità e fraternità: la sintesi di ogni giorno. Il cristianesimo introduce nel mondo un gusto della vita, una bellezza, una verità, una capacità di amore innegabili. Nella misura in cui il cristiano aderisce alla sua fede ne diviene portatore. Vi sono due condizioni che devono essere rispettate perché questo possa accadere: una attenzione all’unità, espressa nell’autorità, e la fraternità.
I Metodo o utopia?
Io me ne infischierei. «Cristo non è innanzitutto la verità, ma è innanzitutto il metodo con cui la verità si è comunicata» (p. 11). Da questa profonda persuasione nasce la consapevolezza che la Chiesa ha di sé. Il titolo volutamente provocatorio si riferisce ad una certa concezione della Chiesa, concepita non tanto come una compagnia tesa al riconoscimento della presenza di Dio, quanto a un utopico “stare insieme”, volto solo a creare amicizia. Proprio questo modo di concepire la compagnia cristiana è frutto di un disimpegno, molto diffuso oggi, per cui lo “stare insieme” diventa tutto. Così, anche nella comunità cristiana si può correre il rischio di fare tante cose lasciando che la vera ragione dello stare insieme rimanga una pura astrazione. Soltanto la sorpresa di una Presenza cambia: dare per scontata la ragione dello stare insieme sarebbe intendere la compagnia in modo naturalistico. Al contrario, prendere coscienza dell’origine cambia, muove, commuove.
Una realtà di salvezza. La comunità cristiana è una realtà di salvezza di cui il dono dello Spirito e la comunione vissuta sono documentazione. Pur essendo immerso in una realtà diversa ontologicamente, il cristiano deve prendere coscienza dell’origine di essa, perché questa diversità possa dare frutti. Egli non crea la Presenza, ma riconosce ciò che c’è e liberamente vi aderisce. La comunità cristiana è il luogo dove umano e divino si incontrano; nella figura del battezzato l’ontologia stessa muta ed egli diventa un uomo nuovo. Questo si vede dal fatto che egli ha un rapporto differente con la realtà. Il culmine di questa diversità si chiama offerta.
L’opera della resurrezione. La maturità consiste nel divenire consapevoli del contenuto dell’esperienza cristiana, nel rendere personale il rapporto con la sua radice profonda. L’esperienza naturale non porta con sé il significato del vivere. Nell’esperienza cristiana, invece, è implicato il senso dell’esistenza che si manifesta come un iniziale cambiamento della persona, come una diversità visibile e tangibile. Il cambiamento giunge al suo apice nell’offerta, che è la forma suprema di domanda: riconoscimento della consistenza ultima della realtà. Ciò che sarebbe inconcepibile dal punto di vista naturale diviene nella vita della Chiesa dinamica stabile: il perdono. Nella resurrezione di Cristo, Dio entra nell’esperienza di ogni uomo, rende nuova e vera ogni cosa. Con essa il possesso che Cristo ha del mondo da limitato spazio-temporalmente diviene assoluto. Giovanni Paolo II dice che le due opere di Dio nella storia sono la redenzione e la nascita del popolo nuovo, dell’umanità nuova. L’avvenimento della resurrezione non è stato solo un momento nella storia, ma coincide con l’esistenza stessa del popolo cristiano. Essere parte di questo popolo nuovo rende possibile una novità di vita continua, che si palesa attraverso la novità che si vive nei rapporti.
Attraverso una realtà carnale. La condizione della letizia nella vita è data dalla domanda e dall’amore alla compagnia vocazionale mediante la quale Cristo ci raggiunge. Tutta la realtà è un segno, rimanda a qualcosa d’altro. La realtà della Chiesa è anch’essa un segno storico della Presenza di Cristo nel mondo; per appartenervi umanamente, cioè consapevolmente, è necessario riconoscerne il valore, ascoltarne il messaggio, amarla. L’alternativa si gioca tra stare nella Chiesa con un vivo desiderio di verità oppure con una pretesa che genera solamente recriminazione e insoddisfazione.
Educare, non scaltrire. L’impegno della vita è tendere a mantenere un atteggiamento corretto verso il proprio destino, ovvero rimanere coerenti alla tensione che caratterizza ogni umano risveglio. La Chiesa educa ad un atteggiamento di domanda, di tensione, fiduciosa nella risposta. Questo fatto implica il desiderio di capire. L’educatore ha, perciò, il compito di aiutare l’educando a chiedere a Dio e a prendere sul serio le sue emergenze umane. Egli deve innanzitutto sollecitare all’uso della libertà. Il contrario di questo si chiama clericalismo, cioè amputazione della libertà. Per essere veramente tale, l’educatore deve, prima di tutto, vivere personalmente questa tensione: nemo dat quod non habet.
II Il divino nella nostra vita
Protesi alla memoria. Ciò che deve essere messo a tema nelle conversazioni non è altro che l’esperienza, nel tentativo di esemplificare il contenuto della vita cristiana. La fede non è una irreprensibilità morale, non coincide con le sue conseguenze morali; può comunicare la fede, infatti, anche chi, paradossalmente, è meno moralmente corretto di colui al quale la comunica. Prendere coscienza di sé è il primo dovere della giornata, prendere coscienza di ciò a cui si tende, fare memoria di ciò che si è incontrato ed essere consapevoli del bisogno di “altro” che si ha. Se i dialoghi che si fanno e le conversazioni che si hanno non provocano fino al cambiamento della vita, allora sono una perdita di tempo. Quando nella giornata le evidenze si perdono è perché si lascia prevalere lo stato d’animo, la stanchezza, lo scetticismo. Non fare prevalere il resto e rimanere in una posizione di domanda è il lavoro quotidiano. La memoria, da cui scaturisce il silenzio, è ciò che sostiene tutta la vita; è ciò che scopre e riconosce la profondità della realtà.
Per pressione osmotica. La verità cristiana ci raggiunge per il fatto stesso di permanere all’interno della Chiesa. Essa ci raggiunge e ci penetra nella misura in cui noi non chiudiamo le porte della nostra libertà alla pressione stessa della verità. Senza che la nostra libertà partecipi attivamente nulla avviene più e si diventa impermeabili a qualsiasi cosa. Questo accade perché manca la consapevolezza dello scopo per cui si sta insieme. Il lavoro da compiere è, dunque, quello della memoria, dell’intensificazione della memoria, di cui l’offerta è l’espressione che rende significativa tutta la giornata.
La drammaticità della libertà. La libertà che è lo strumento con cui si aderisce alla realtà, con cui si dice di sì all’evidenza, porta con sé un aspetto di drammaticità profonda. Per aderire alla realtà, per dire sì occorre un sacrificio, una “penitenza”: occorre cioè non difendersi. Per ricevere occorre impegnare tutto di sé, tutta la propria energia affettiva nel domandare e nell’accettare.
Perché sia una festa. La grazia è il dono gratuito che Dio fa all’uomo che, se riconosciuto, provoca gioia, provoca una vera e propria “festa”, che dovrebbe invadere l’animo dell’uomo. Perché questa consapevolezza divenga quotidiana, sin dal mattino, occorre riconquistare se stessi. La grazia crea una umanità nuova di cui si deve prendere coscienza, di cui si deve fare esperienza. Per potersi accorgere della grazia e quindi perché ogni istante sia festa, occorre lasciarsi educare da chi indica sempre il destino.
III Afferrati da Cristo
I sacramenti e l’umano. Il Battesimo crea un uomo nuovo, un uomo diverso, ontologicamente diverso. I sacramenti provocano un cambiamento e la Chiesa è il luogo dove il sacramento opera. I sacramenti abbracciano i momenti più importanti della vita dell’uomo. Tra essi il Battesimo è quello fondamentale, mentre l’Eucarestia il più grande perché sostiene il cammino. Vivere i sacramenti rende diversa la vita, provoca un cambiamento di conoscenza, affettività e creatività, per cui chi incontra il cristiano percepisce una sfida. Vivere, ad esempio, la confessione con consapevolezza e desiderio, è fare la medesima esperienza della Maddalena o di Zaccheo: il perdono. Vivere i sacramenti, in particolare il Battesimo, provoca un cambiamento nei rapporti con le cose e con le persone, rende ogni rapporto più vero, cioè “verifica” ogni rapporto.
Qualcosa che si vede, si tocca, si sente. Dio si rende visibile e tangibile in una compagnia umana. Dio per il Cattolicesimo si rivela attraverso qualcosa che si vede, si tocca, si sente. Tutto ciò che si vede e si tocca ha una consistenza ultima. Se l’uomo guarda la realtà, in particolare la compagnia cristiana, senza questa apertura all’Oltre, allora dimentica qualcosa, non coglie tutti i fattori di ciò che ha davanti. L’avvenimento cristiano continua a rimanere presente nella storia, fisicamente e la sua contemporaneità è la testimonianza più eminente della sua verità.
Comunionalità: il destarsi dell’io. La comunità cristiana è la condizione dell’attuarsi della libertà. Senza comunità, infatti, non c’è libertà, o in ogni caso essa è del tutto inaridita. Questo perché senza comunione non c’è proposta alla libertà, non c’è un terreno su cui la libertà possa essere realmente giocata. La scelta della libertà si pone solo davanti ad una proposta, senza di essa la libertà è mortificata. Il Battesimo, pertanto, viene dato e potrebbe rimanere senza effetti. Soltanto se ci si rende disponibili a viverlo allora cambia; soltanto se la libertà aderisce ad un fatto presente che la interroga e la provoca, infatti, il Battesimo diventa realmente incidente come potenziale di cambiamento della vita dell’uomo.
Presenti a una presenza. Spesso si vive in una situazione di profonda aridità, senza percepire nemmeno l’urto sentimentale delle cose. Più si diventa grandi più si capisce che questa tenerezza, questa intensità di sentimento non sono fattori essenziali del cammino cristiano. Il sacramento è la forma più semplice di preghiera perché è pura domanda; non necessita di nulla, di nessun particolare sentimento, se non di stare davanti ad una Presenza. Rendersi presenti ad una Presenza, che tende ad investire ogni azione della vita: ecco, dunque, il compito del cristiano.
Battesimo e appartenenza. Attraverso il Battesimo l’uomo inizia ad essere posseduto da Cristo in un modo profondo e a portare dentro di sé il germe di una diversa capacità conoscitiva ed affettiva. Questa diversità, però, deve essere sviluppata, educata, lasciata emergere. Da qui nasce la drammaticità della vita cristiana: una lotta costante (ascesi) per il proprio compimento. Solo il cristianesimo offre come possibilità il cambiamento ontologico della persona: non un cambiamento morale, ma della profondità stessa della personalità. Ciò è frutto della resurrezione di Cristo. Per questo essa getta una luce di positività su tutta la realtà dell’uomo, cambia il pessimismo che sarebbe originato dalla situazione di peccato, in una profonda positività sul destino dell’uomo.
IV Un messaggio affidato all’esperienza
Gesù non è un hegeliano. La testimonianza della vita a Cristo è il frutto più importante della vita della Chiesa. La Chiesa stessa pone l’uomo nelle condizioni più adeguate per giudicare l’esperienza che compie. Essa gli ricorda i criteri fondamentali con cui giudicare e gli promette il centuplo, cioè un possesso delle cose più grande e intenso e vero.
Rendersi conto. Il luogo della verifica della fede è l’esperienza umana: il cuore verificando la proposta della Chiesa trova una corrispondenza alle proprie esigenze che in un’altra strada non troverebbe. Il “rendersi conto”, cioè cogliere il nesso tra il particolare e la totalità, è l’attività umana fondamentale. Pregare e rendersi conto dell’origine, ovvero di ogni cosa che si fa o che si dice, è la modalità grazie alla quale il particolare con cui ci si rapporta non diventa idolo, ma strumento di un cammino umano.
Dov’è? «Ciò che abbiamo di più caro è Cristo stesso». Cristo non è un’idea astratta, una teoria; è una presenza vivente che si vede, si tocca e si sente nella compagnia cristiana. Se l’unica ragione dello stare insieme è Cristo allora bisogna prenderne coscienza stando attenti alla regola, custodendo il silenzio e leggendo con attenzione il breviario. Il nemico principale della memoria, della consapevolezza di sé, è l’abitudine. Essa, infatti, non esige sforzi, non esige iniziativa, ma è pura passività reattiva.
L’unità convincente. «Dai frutti si conosce l’albero». Questa espressione di origine evangelica esplicita il metodo che la Chiesa adotta e che la Chiesa propone per giudicare una realtà. L’unità è il primo frutto della presenza del divino nella Chiesa: unità di corpo e di coscienza, ovvero della totalità dell’uomo. L’unità emerge nell’uomo innanzitutto come unità dell’io, di una spiegazione adeguata della realtà. L’uomo intelligente non può resistere senza affermare questa unità, cioè non può sopportare di guardare il mondo senza averne trovato la chiave di volta, la spiegazione ragionevole ed esauriente.
Santità, la cosa più semplice della vita. L’uomo è immerso sempre in un contesto, in un humus che quasi sempre è antiecclesiale, anticristiano e ultimamente antireligioso. La santità è una continua tensione a diventare figli, a imitare Cristo. Per imitare Cristo occorre seguire Cristo, seguendo il carisma a cui si è stati consegnati. Dio ha creato l’uomo per la santità, quindi dovrebbe essere semplice raggiungerla. È semplice diventare figli: basta seguire chi è padre.
Una compagnia destinata alla fecondità. Nella Chiesa vi sono due tipi di autorità, quella istituzionale e quella espressione dell’esperienza che si compie: la prima è necessaria tanto quanto la seconda. La Chiesa tende per sua natura a dilatarsi, a diventare missionaria, a formare un popolo diverso, ontologicamente diverso, in cui ognuno può testimoniare la novità di vita da cui è stato investito. Questo fatto implica una grave responsabilità dei cristiani, dato il particolare momento storico in cui siamo immersi: la necessità di una solidità del soggetto cristiano. Questa solidità è data dal riconoscimento dell’oggettività del proprio cuore e dal riconoscimento di Cristo presente.