Prima meditazione
Se Dio si è fatto uomo ed è entrato nel mondo, deve essere per forza semplice il modo in cui l’uomo Lo può riconoscere; semplice come lo è stato per Giovanni e Andrea. La difficoltà entra nella vita per rendere più autentico il rapporto con questa Presenza incontrata ed è solo nel rapporto con essa che è vinta l’opacità della morte, che altrimenti inghiottirebbe la vita di ciascuno. L’uomo, apparentemente misura di se stesso, finisce sempre soggetto a un potere; solo Cristo lo obbliga a giocare totalmente la sua libertà. Nel rapporto con Gesù l’io si compie e tutto diventa facile, come è stato per gli apostoli, dove facile non significa privo di drammaticità. Il dramma consiste nella necessità di seguire, vale a dire nel riconoscere la dipendenza dal Mistero.
Seconda meditazione
L’insistenza sulla semplicità del riconoscimento è dovuta al fatto che il rapporto con il Mistero accade nella forma di un avvenimento, di un incontro che cambia la vita. Quando Giovanni e Andrea videro Cristo riconobbero un’eccezionalità suprema che però corrispondeva totalmente al desiderio imperioso del loro cuore. Per questo fu semplice. Ma se si tratta di un avvenimento, può accadere tutti i giorni, eppure non ce ne accorgiamo a causa della nostra distrazione. Essa è parte dell’ostilità generalizzata, dell’odio profondo che il mondo nutre verso Cristo. Come nota Péguy, per la prima volta dalla venuta di Gesù il mondo non è più cristiano, ma anzi, vuole estirpare Cristo dalla terra. Il mondo, cioè la vita dell’uomo, non può non odiarLo, perché Egli impedisce che l’uomo scivoli verso il nulla, schiavo di un potere che lo schiaccia. Cristo così può rimanere solo un nome rispettato, ma deve essere esiliato dalla vita. L’ultimo capillare di questo odio a Cristo è l’io di ciascuno, dimentico e indifferente. Eppure lo stesso avvenimento di duemila anni fa si rende presente oggi attraverso degli uomini. Siamo chiamati a renderLo presente attraverso la forma delle nostre azioni. Vedendo degli uomini che vivono la carità si capisce che tra loro è presente Qualcuno che è più che uomo. Meno possibilità c’è per la Sua presenza e meno possibilità c’è di umanità, di verità nel rapporto con gli altri e le cose. Questa assenza di umanità è dovuta alla mancanza di un’educazione. Nessuno educa, dove la vera educazione è far sì che Cristo sia presente nella testa, nel cuore. Noi collaboriamo all’odio a Cristo del mondo e il primo sintomo è l’estraneità e la freddezza con cui ci si rapporta alla Scuola di Comunità.
Terza meditazione
Se avessero domandato a Gesù: «Tu chi sei?», Cristo avrebbe risposto: «Io sono il mandato dal Padre». Continuamente nel Vangelo Egli si descrive come rapporto con il Padre. Questo rapporto è anche la chiave per la relazione di ciascuno con il Mistero. Il sì di Pietro dopo il tradimento descrive perfettamente questo ed è la scaturigine della moralità. La moralità sorge contro l’istinto e la reazione, di fronte a una Presenza. L’azione morale è una risposta a una domanda, non esiste moralità al di fuori del dialogo con la Presenza. Quando la speranza della vita è riposta in Cristo, coerenza e incoerenza passano in secondo piano; Pietro afferma prima di tutto la preferenza per Gesù, pur dentro il mare dei suoi errori, perché negli occhi di Cristo legge la vera natura del divino, che è misericordia. AmarLo sopra ogni cosa non significa non aver peccato o non peccare più, ma essere lieti di fronte all’annuncio di una tale misericordia, coscienti della propria pochezza.
Quarta meditazione (assemblea)
Spesso pare che non sia così semplice riconoscere il Signore, perché manca la semplicità, ovvero non si segue lo sviluppo di un sentimento nato in noi evitando che fattori estranei ci distraggano da esso.
Il «sì» di Pietro è l’inizio della vita morale e in quanto tale implica un’obbedienza, una sequela, che è la virtù più difficile. Ma questa strada morale assicura il nesso tra l’amore a Cristo e lo scopo ultimo di tutto il mondo, quindi la missione. Il «sì» di san Pietro apre la connessione tra la vita di ciascuno e il disegno universale di Dio, tant’è vero che Cristo aggiunge: «Pasci i miei agnelli», che significa: «Guida tu il mio gregge, io lo guiderò attraverso di te». Questo gregge è un insieme nuovo di persone che, a partire da uno sguardo nuovo a tutte le cose, diventa protagonista della storia.
L’odio che il mondo nutre verso Cristo e dunque verso il Suo gregge è assolutamente reale. Chi non Lo riconosce odia la Sua verità fino a odiare ciascuna persona che Lo testimonia. Questo accade perché l’incontro implica un cambiamento di mentalità che rende inassimilabili al mondo.
Perché il «sì» di Pietro sia detto con verità e quindi sorga il popolo nuovo occorre che esso si appoggi e accetti il perdono; da ciò sorge un’attività inesausta, libera da ogni misura mondana. Il popolo che Cristo genera è uno, dove l’unità non è data dall’omologazione ma dalla tensione a riconoscere che Cristo è tutto in tutti, vale a dire dalla tensione alla verginità.