Introduzione
Il Signore ha posto un seme nel cuore che deve diventare pianta e la caratteristica di un seme che diventa pianta è l’unità. C’è un’urgenza sempre maggiore che la persona sia unita, nella sua intelligenza e nella sua affettività. L’unità nasce dall’adesione a Cristo e tale adesione, dilatandosi nel tempo, genera la speranza. Non può sorgere la speranza, e quindi la gioia, se la fede non diventa conoscenza progressiva che scaturisce in affezione.
Omelia alla S. Messa
Dio ci ha amati e ci ama; il riconoscimento di questo fatto, che deve diventare naturale come dire «io», implica la sequela di Cristo e quindi un ordine. Questo ordine che si introduce nella vita si chiama Chiesa e tocca ciascuno quotidianamente nel Movimento. Nulla è più insignificante o meschino, perché tutto è dato per incrementare il proprio rapporto con il Mistero fatto uomo.
Prima lezione
L’uomo pretende di farsi da sé e dimentica la sua dipendenza originale. C’è però un’evidenza sconcertante: potevamo non esserci e ci siamo, perché siamo stati eletti. Siamo stati scelti perché esistessimo. La parola «elezione», o vocazione, indica uno scopo, un compito. La nostra vita è tirata fuori dal niente perché possiamo annunciare al mondo la salvezza che nasce dall’incarnazione. L’uomo può sottrarsi a questo compito a causa del peccato originale; esso è innanzitutto una mancanza di umiltà verso la vera essenza dell’amore: l’uomo ama solo se riconosce di essere amato. Per ritrovare se stesso l’uomo deve riconoscere che ciò per cui è fatto è una presenza che si manifesta nel mondo. C’è una realtà dentro il mondo, visibile e udibile, che risponde al desiderio per cui ciascuno è creato. Allora l’uomo, che è nulla, può domandarla, chiedere di incontrarla. Per aderire alla modalità con cui questa presenza è tra noi occorre un sacrificio e da esso sorge un cambiamento, che coinvolge diversi aspetti.
Il primo è l’offerta: tutto è in rapporto con Cristo, dunque nulla è banale, nemmeno le cose più quotidiane. Il secondo cambiamento generato dalla fede è la moralità, come riconoscimento della Sua presenza. Il terzo è la gratuità, che è nesso puro tra l’azione e l’infinito, e il quarto è il sacrificio, che permette la nascita di un uomo nuovo, di una mentalità nuova. Questo punti si sommano nella parola «obbedienza», che è il principio di conoscenza che supera la propria misura.
Seconda lezione
La risposta all’incapacità dell’uomo non è una morale ma l’amore di Dio. Per questo il cristiano vive in una strana posizione, quella del «sì» di Pietro. Il punto non è la perfezione limitata della nostra esistenza ma il riconoscimento della Sua presenza, che ci conduce a conseguenze inimmaginabili. Questa situazione fa emergere un soggetto nuovo: si vive un’immedesimazione totale con Cristo nella quale la propria miseria non è più obiezione. Questo soggetto si muove per imitazione e così facendo attua nel mondo la carità. Ciascuno di noi non sarebbe capace da sé di realizzare un movente così puro, ma l’azione dello Spirito permette che ciò accada, perciò l’unico vero delitto è non mendicare lo Spirito. La carità resa possibile dallo Spirito ha alcune condizioni: ha come oggetto la persona, non un’ideologia, è costruttiva nel tempo ed è di una concretezza assoluta. Il sintomo della presenza della carità è la letizia e l’assenza di menzogna e l’oggetto di tale carità è chi è più debole e bisognoso. Da essa nasce una capacità di perdono senza confini, che rende concretamente sperimentabile la positività infinita dell’Essere.
Omelia alla S. Messa
Il protagonista della storia è il popolo di Dio, che è corpo misterioso di Cristo. Il Signore si serve di chi vuole, perciò la vita è stranamente squassata: pur nella sua debolezza, abbraccia tutto il mondo.
Terza lezione
Lo scopo della Fraternità coincide con lo scopo del movimento, vale a dire una dedizione totale della propria vita a Cristo. Il carisma è la modalità con cui lo Spirito raggiunge ciascuno in un tempo e uno spazio precisi, comunicandosi per affinità. Perché il carisma sia vissuto occorrono unità, vale a dire obbedienza a ciò che si è incontrato, e libertà. I gruppi di Fraternità devono essere un aiuto alla carità fraterna, non delle riunioni che favoriscano l’interpretazione personale. Non si fa il movimento dilatando il proprio potere, ma andando al fondo di un’opera, che può essere la propria famiglia o la propria azienda. Il Signore ci mette insieme perché vivendo ci aiutiamo in questo, perciò non esiste alcuna eccezione all’obbedienza; solo obbedendo si diventa più se stessi.