1988
Vivere con gioia la terra del mistero
Appassionati a Cristo. La prima caratteristica dell’uomo nuovo che aderisce a Cristo è la passione per la missione perché nel mondo manca il riconoscimento di Cristo: ognuno di noi, infatti, sarà giudicato dalla testimonianza che avrà dato a Lui e al fatto che la vita non può raggiungere il suo destino, se non seguendoLo. Attraverso il Battesimo è Cristo che ci ha segnati con un segno indelebile e la nostra vita – il mangiare, il bere, il vegliare, il dormire, il vivere, il morire – ha solo questo scopo: lo struggimento per la gloria di Cristo. La nostra debolezza non è obiezione perché il mio cambiamento e il cambiamento del mondo sono legati unicamente a questa nostra passione per Lui e alla passione per la missione.
La vita come comunione. La missione della Chiesa è quella di rendere il mondo più umano possibile e il mondo diventerà più umano solo se nei rapporti si introdurrà la dinamica di rapporto tra Cristo e l’uomo che è misericordia. I passaggi di questa dinamica sono tre: il primo fra tutti è la carità, che è il riconoscere la presenza di Cristo e desiderare di appartenerGli, perché è dalla coscienza di questa appartenenza che deriva una modulazione diversa del pensare e dell’agire. Il secondo è la koinonia - legge complessiva di questa appartenenza -, cioè la tendenza a mettere tutto in comune, beni materiali e beni spirituali, perché si ha in comune il riconoscimento di Cristo che è il senso della vita. Infine, questo amore ci rende creatori di opere, costruttori, cioè, di un pezzo di umanità nuova. Tutte queste cose si radicano nel vivere quotidiano.
Una continua sorgente di aiuto. Il grande corpo misterioso di Cristo ci tocca attraverso la nostra compagnia. Per questo motivo la vita del nostro Movimento deve essere per noi punto di riferimento, esempio di giudizio sulla vita e sul mondo.
1989
Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne
Chiamati a vivere l’istante. Nella nostra riflessione ci sono tre elementi che possono aiutarci a prendere coscienza di noi stessi e della realtà. Innanzitutto, deve dominare in noi la coscienza della nostra creaturalità: la nostra vita è eletta, tirata fuori dal nulla, momento per momento, per un compito, per una missione. Il cuore di questa missione è uguale per tutti: siamo stati fatti per Cristo. Tutto è in funzione di Lui e l’uomo, per evitare il niente, deve vivere la memoria, che è coscienza della Sua presenza. Per aderire a Cristo occorre farlo penetrare nella nostra carne, occorre quindi che iniziamo a concepire, sentire e giudicare con la memoria di questa Presenza, con negli occhi questa Presenza.
La risposta all’amore ricevuto. Alla nostra incapacità esistenziale ha risposto l’amore di Dio, dunque la nostra è solamente risposta a una risposta, cioè a questo amore ricevuto. Da questa Sua iniziativa nasce una strana posizione, che sconvolge la logica di qualsiasi moralismo. Infatti la questione fondamentale non è la perfezione misurabile della nostra esistenza, ma il riconoscere nel fondo del cuore la Sua presenza. Come è stato con Pietro, che era un povero peccatore come tutti, che Lo aveva tradito, ma che Gli voleva bene e non poteva non dire: «Signore, Tu sai tutto, Tu sai che Ti voglio bene». Per questo il Signore affidò a lui la Sua testimonianza nel mondo: è con uomini così che Egli costruisce il Suo regno. Quanto più io vivo la memoria di questa Presenza, quanto più io Lo riconosco, tanto più l’agire del mio soggetto ha come movente la Sua imitazione. La carità è il rapporto che il mio soggetto stabilisce e vive per il movente stesso per cui Cristo si muove che è l’amore all’uomo, riverbero dell’amore del Padre che ha evocato dal nulla gli uomini e che, attraverso una storia, li sta salvando. Perché sia reale, questo amore ha però delle condizioni: che sia un amore personale verso le persone nella loro concretezza e che sia costruttivo nel tempo; che sia lieto e non menzognero; e che guardi prima di tutto il più debole, cioè l’uomo quando sbaglia, il peccatore. Per questo motivo l’ultima conseguenza è la capacità di perdono.
La nostra strada. Lo scopo della Fraternità coincide con lo scopo del Movimento: vivere la memoria di Cristo nella nostra vita, nelle nostre inquietudini e nelle nostre fatiche, nei nostri sforzi di bene come nella nostra peccaminosità. Lo scopo è allora che Cristo sia riconosciuto e sia sempre più il Signore della nostra vita. Le due regole fondamentali perché il carisma sia vissuto in obbedienza sono l’unità e nello stesso tempo la libertà, che è responsabilità personale nell’aderire alla grande Presenza. L’edificazione del Movimento deve essere una passione in noi per il dilatarsi della testimonianza a Cristo.
1990
Guardare Cristo
Il Mistero entrato nella storia. L’aspetto più dimenticato di quanto ci ha comunicato Cristo è il fatto che il Padre è Mistero. In ogni momento della nostra vita noi siamo immersi in questo Mistero, ne sorgiamo e ne siamo alimentati, la consistenza del nostro corpo e del nostro animo è fatta di qualcosa che ci supera. A questo Mistero noi dobbiamo dire «Tu». Il secondo passo da fare è allora accorgersi che il Dio di cui ci ha parlato Cristo è un Dio che entra nella storia. In tanti sono arrivati all’intuizione che la realtà dipende da qualcosa d’altro, ma che Dio possa stare dentro la miseria del tempo e dello spazio, questo non è sopportabile ed è inconcepibile. Dio invece si manifesta nell’istante, nelle circostanze banali dell’istante: non esiste niente di più sicuro e di chiaro nel rapporto col Mistero se non questo momento; in questo momento io sono rapporto col Mistero e il Mistero è rapporto con me. Il bisogno di questo momento e la lotta di questo momento collaborano al disegno che l’Essere vuole realizzare e che si chiama storia. Noi però ci ribelliamo a questo Dio che emerge nell’istante e, così, poniamo la nostra consistenza nella reazione alla circostanza invece che nell’obbedienza a essa. In questo nostro sgretolarci – poiché, quando non aderiamo al disegno di un Altro che ci convoca momento per momento, noi non costruiamo – Dio, l’Essere, ci vuole, continua comunque ad amarci: la sostanza dell’Essere è, infatti, misericordia. Il far consistere il valore della nostra persona in questo abbraccio implica sempre un sacrificio: l’amore a noi stessi diventa grande nel sacrificio di noi stessi, come fu per Abramo quando Dio gli chiese di sacrificarGli quanto aveva di più caro, suo figlio. Tutto è per una costruzione, non solo per l’Eternità, ma in questo mondo: la passione più grande della vita non è, infatti, la nostra soddisfazione, ma creare la dimora al Mistero nel mondo, così che possa essere riconosciuto e possa rendere il cammino di ognuno cammino al destino.
Il metodo dell’elezione. Innanzitutto occorre fermare l’attenzione sul fatto che Dio s’è fatto uomo per la nostra salvezza e che siamo stati eletti per annunciarlo. A questa elezione corrisponde immediatamente la necessità che la nostra persona crei compagnia, una realtà cioè dove il mistero della Chiesa sia realmente presente, anche se in modo imperfetto. Siamo stati eletti per comunicare, ma non comunicheremo se non vivremo la coscienza dell’appartenenza: l’appartenenza è come un essere posseduti da Cristo, in questa compagnia. Cristo introduce nel mondo una umanità nuova e noi siamo responsabili di questa nuova umanità che sappia accogliere tutto, al di là dell’obiezione della nostra sensibilità, sia capace di perdono nel segno della preghiera, di passione per la verità e sia efficace fino a creare opere.
Il vicendevole sostegno alla memoria. La Fraternità deve essere una realtà vissuta che ci costringe a richiamare Cristo, cioè a richiamarci alla memoria. E deve essere anche il primo luogo di carità, cioè di perdono.