La natura dell’uomo ha molte capacità, ma tra esse ce n’è una fondamentale, che riassume tutti gli scopi delle altre: è il senso religioso. Esso è un elemento della nostra natura che indica la possibilità di entrare in rapporto con il senso ultimo di tutte le cose, cioè con Dio. Il senso religioso, come ogni altra capacità umana, non si attiva spontaneamente, ma deve essere sollecitato e il mezzo che Dio usa a questo scopo è la realtà creata. Si tratta di una rivelazione naturale che ha vari gradi; l’esistenza stessa delle cose fa sorgere la domanda sul loro senso, poi la bellezza del cosmo, il suo movimento ordinato e il movimento provvidenziale dei popoli e delle nazioni in esso. I due gradi più alti della rivelazione naturale sono infine l’emergere dell’«io» e la coscienza che esso ha del bene e del male. Tutti questi elementi mostrano che il mondo è segno di Dio, anche se tale rivelazione è discreta, non ha una piena evidenza perché Dio attraverso l’interpretazione dei segni lascia spazio alla libertà dell’uomo. Per interpretare il mondo come segno occorre essere consapevoli di essere dipendenti e quindi fare attenzione al reale, accettandolo come dono.
Storicamente il senso religioso si è espresso in diversi modi. Il primo è la religione naturale che osserva i fenomeni della natura come manifestazioni di Dio, il quale è colto in modo simbolico e adorato attraverso il rito. La religione naturale non riesce però a entrare realmente in rapporto con Dio, perché la conoscenza che ne ha è solo negativa: non si può negare la Sua esistenza, ma non si sa chi Egli sia. Per questo il senso di dipendenza, indispensabile per il senso religioso, è sostituito dalla pretesa di misurare Dio, riducendolo a idoli. Nascono così le idolatrie antiche e moderne, come panteismo, scientismo, gnosticismo, agnosticismo.
L’uomo travisa per lo più il senso della realtà naturale e si smarrisce; è per questo che Dio interviene direttamente nella storia umana, per la prima volta con Abramo. Egli si rivela come una persona, totalmente libero nella sua azione e unico signore del mondo. Il Dio di Israele educa a un nuovo senso religioso che è fondato sull’ascoltare e accettare la Sua parola. Questo tuttavia non è semplice e comporta una disponibilità assoluta ad abbandonare i propri criteri, come mostra il racconto del sacrificio di Isacco. La rivelazione di Dio ha però avuto il suo momento più grande e definitivo nella venuta di Cristo. Egli ha mostrato l’essenza stessa della divinità: l’essere non è appena unità, ma è amore. L’esistenza è originalmente comunità di tre Persone nell’unità della natura. L’amore realizza la dipendenza assoluta, superiore a quella del servo, pur rispettando pienamente la libertà dell’io, giungendo così alla pienezza del senso religioso.
Cristo oggi prolunga la Sua presenza nella Chiesa che con la sua autorità porta nel mondo la certezza e la verità della rivelazione e permette la nascita di una cultura cristiana. Allo stesso tempo Cristo permette che Dio si comunichi in modo intimo e personale all’uomo attraverso i sacramenti, che consentono di partecipare della vita stessa di Dio. La liturgia è il luogo privilegiato di questo incontro.
La venuta di Cristo rende tutti gli uomini profeti, cioè inviati nel mondo e chiamati a rendere testimonianza. La comunità cristiana crea così un ambiente nuovo nel mondo. Il primo luogo in cui essa agisce è la famiglia, ma occorre che tale esperienza si comunichi anche nel luogo di lavoro e nella scuola, perché è in questi luoghi che la tradizione familiare di ciascuno si trasforma in una certezza personale. Il cristiano è quindi chiamato a rendere testimonianza a tutta la società, dove la mentalità laicista tende a diseducare il senso religioso.