Il volume nasce come trascrizione dei dialoghi intessuti dall’Autore con due gruppi di giovani decisi a impegnare la propria vita con Cristo in una forma di dedizione totale. I dialoghi avevano come testo di riferimento Si può vivere così? Uno strano approccio all’esistenza cristiana (BUR, 1994), di cui l’Autore ridiscute e approfondisce varie tematiche, mantenendone però intatto l’impianto di base come indicano i titoli dei capitoli.
Introduzione
È ragionevole iniziare una strada come questa – impegnare la propria vita con Cristo in una forma di dedizione totale – solo se questo desiderio è illuminato da ragioni chiare. Siamo qui perché in un incontro abbiamo visto qualcosa di diverso e meglio, abbiamo presentito che nel contenuto di questa strada sta la risposta alle esigenze della vita.
Touché, o della vera conoscenza
Discutendo sulla ragionevolezza del cominciare una strada di dedizione totale a Cristo, l’Autore si sofferma sull’importanza di avere ragioni chiare, fondate su qualcosa che si è conosciuto con certezza. Per questo motivo spiega cosa significhi per lui conoscere la realtà.
Conoscere vuol dire che la realtà passa davanti allo specchio dei nostri occhi, della nostra coscienza, e passando, mentre vi stampa sopra la sua forma, ti provoca, ti lascia un’impronta di paura o un’impronta di speranza, shocca la nostra coscienza. La conoscenza implica una affezione, implica un contraccolpo che si chiama affezione, affectus. La nostra anima è touchée, toccata: la vera conoscenza è l’insieme di questi due fattori. Senza l’uno o l’altro di questi due fattori non si è in grado di capire l’oggetto.
Parole che legano a Cristo
Essendo la vocazione la chiamata che Dio fa alla amicizia suprema con Sé, per introdurci a un lavoro che durerà tutta la vita quest’anno dobbiamo renderci conto dei fattori fondamentali che permettono questo lavoro. Questi tre punti fondamentali, indicati da tutta la storia della Chiesa, si chiamano virtù teologali: fede, speranza e carità.
Capitolo primo: la fede
Dalla ragione alla fede
L’Autore premette alla trattazione del problema della fede un paragrafo per spiegare il funzionamento della ragione.
Primo. La ragione è coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori.
Secondo. Nella totalità dei suoi fattori, in primo luogo viene l’imponenza dei criteri con cui la ragione giudica se stessa (auto-coscienza): questi criteri ultimi sono quelli che chiamiamo cuore, esperienza elementare. Il contraccolpo della realtà desta i criteri del cuore che prima era confuso e dormiva, perciò ti desta a te stesso.
Terzo. Nel cercare di conoscere tutti i fattori di cui la realtà è composta, la ragione avverte che qualcosa le sfugge. In tale modo la ragione implica l’affermazione dell’esistenza del Mistero, di un fattore presente in ogni esperienza che non appartiene ai fattori sperimentabili, numerabili, calcolabili dell’esperienza stessa.
Quarto. Di fronte al Mistero la ragione o pretende negare il proprio limite dicendo: «Se io mi avanzo, riesco a conoscerlo»; oppure nega l’esistenza di questo fattore misterioso: «Ma no! Sarà un’illusione».
Quinto. La posizione ultima della ragione si chiama, conoscitivamente, categoria della possibilità e, esistenzialmente, mendicanza: solo se il Mistero si comunica l’uomo incomincia a conoscere qualcosa che non aveva mai conosciuto.
Sesto. Il cristianesimo è l’incontro con il Mistero fatto uomo.
Fede
La fede è un metodo di conoscenza della ragione, un metodo indiretto, attraverso un testimone. Il problema della fede cristiana, il gioco della ragione nella fede, è nato con la domanda dei discepoli davanti a Gesù: «Chi è costui? Come fa ad essere così?». E l’unica risposta è ripetere quello che Lui ha detto di sé. Si crede per la testimonianza che Gesù ha dato di se stesso e si accetta la sua testimonianza perché non c’è nessuno che abbia fatto, sappia fare e dire cose come le ha fatte e dette Lui; non solo non è normale, ma è umanamente inspiegabile. La fede non suppone la fede per essere fede, ma suppone la ragione.
Capitolo secondo: la libertà
Per capire cosa sia la libertà occorre partire dall’esperienza in cui ci si sente liberi, e uno si sente libero quando è soddisfatto, quando un suo desiderio è soddisfatto. Dire sì e no è un potere della libertà, ma non è il sì e il no che rende liberi: è una conseguenza, non una definizione della libertà. La libertà è la capacità della felicità, la capacità della soddisfazione totale.
Capitolo terzo: l’obbedienza
Obbedire significa agire seguendo un criterio stabilito da un altro. È giusto obbedire a una persona se ci sono ragioni adeguate per fidarsi di lei. Quando ci si può fidare di una persona? Quando comunica una concezione della vita tutta fondata sulle esigenze originali del cuore dell’uomo; quando offre un aiuto a superare il sacrificio; quando questa persona agisce per una gratuità e non per un tornaconto.
Capitolo quarto: la speranza
Dalla fede nasce la speranza. Dalla memoria di un fatto, la presenza di Cristo che è Dio fatto uomo, sorge una certezza nel futuro che rende capaci di camminare verso la felicità, affrontando i sacrifici che si devono affrontare. Ed è possibile allora un cammino senza sosta, un tendere senza limiti, a partire dalla certezza che Lui, come possiede la storia, si manifesterà in essa.
Capitolo quinto: la povertà
La povertà è non porre la speranza della felicità in un oggetto fissato da noi. Non si tratta di un disprezzo delle cose, ma di quella libertà dalle cose che avviene come conseguenza dell’identificazione chiara di ciò da cui possiamo sperare la felicità, della presenza di Gesù da cui ci aspettiamo tutto, che è tutto.
Capitolo sesto: la fiducia
Fiducia è affidarsi a uno, affidarsi alla presenza che la fede riconosce. Cristo sostiene il peso di tutta la vita, di tutto il nostro futuro, fino ad arrivare alla completezza, al compimento finale del disegno di Dio, che è il nostro destino. La fiducia ha dentro la speranza come compimento e ha dentro la povertà come regola della vita. Il primo corollario della fiducia è un abbandono lieto; il secondo corollario è una forza, una sfida: «Tutto posso, di tutto son capace insieme a Colui nel quale è la mia forza».
Memoria, coscienza di una Presenza
In questo paragrafo l’Autore approfondisce una risposta data in Si può vivere così? (BUR, 1994) che aveva per tema la memoria.
Se la memoria è coscienza di una Presenza, la coscienza di questa Presenza deve esserci in ogni azione? Non è necessario che tu lo pensi a ogni azione, ma che tu desideri questa memoria, che tu desideri la coscienza di questa Presenza, che ami la coscienza di questa Presenza. Fosse invadente ogni azione! Il cristianesimo è qui, tutto: non delle cose da rispettare, non delle leggi da osservare, ma una Presenza da guardare, una presenza umana da guardare.
Capitolo settimo: la carità
La carità entra in gioco già in qualche modo con la natura, in quanto la persuade a essere fedele nella percezione del Mistero; ma poi entra a rivelare cosa sia il Mistero, il profondo del Mistero. La carità, infatti, è la dote del Dio, la dote dell’Essere. L’Essere è generatore senza misura né fondo, è generatore senza niente di ritorno. Ma Dio è anche uomo, è più uomo dell’uomo: la gratuità di Dio è piena di compassione. L’uomo, partecipando di questa carità commossa, diventa a sua volta capace di carità.
Capitolo ottavo: il sacrificio
Il sacrificio non è solo inevitabile per chiunque, ma è inevitabile perché l’atto che compiamo sia giusto, cioè sia vero e buono, sia affermazione del Mistero vivente e non di un idolo. Senza sacrificio la nostra azione non nasce mai dalla carità, non c’entra con la carità, non ama mai! Senza sacrificio la nostra azione non può amare, né l’uomo né le cose.
Capitolo nono: la verginità
La verginità è l’estrema razionalità in atto, perché consiste nel guardare ogni realtà senza rompere il nesso che questa realtà ha con la totalità del significato, col cosmo.
La verginità ha bisogno innanzitutto che l’uomo sia quello che è stato fatto, desiderio di felicità. In secondo luogo, la verginità ha bisogno che uno riconosca il destino, l’oggetto ultimo del proprio desiderio di felicità, presente a sé: Gesù presente nella storia, ora. Condizione necessaria – e non fine in sé – per il rapporto con la presenza di questo destino è il sacrificio. Da qui nasce un rapporto libero con le cose e insorge la suggestività più grande che esista nell’esperienza umana: la passione per il mondo.