AVVENTO
L’autocoscienza che abbiamo deve essere dominata dalla definitività del significato ultimo del nostro io. Tuttavia la definitività rischierebbe di diventare un automatismo che rende il vivere rigido, se non dominasse un altro fatto: l’incombenza della venuta di Cristo. La Sua venuta è incombente, ciò significa che è imminente e che tale imminenza suscita un dovere. È imminente, ma non sappiamo quando Lui verrà, per questo tutte le nostre azioni devono essere un passo verso di Lui.
Quando Egli verrà giudicherà, ma il giudizio non è solo quello finale; ogni azione è un giudizio, esso deve diventare il paradigma della vita come imitazione di Cristo. La Chiesa chiama questo giudizio col nome di contrizione, che consiste nel vigilare nell’attesa che Lui venga. Qual è il dovere che la Sua venuta suscita? L’unico dovere per il quale è data la vita è la missione, ovvero costruire la Chiesa e per fare questo occorre costruire la fraternità, la comunione tra noi che è il luogo che Egli usa per vincere il mondo.
NATALE
Normalmente si cerca la propria consistenza in ciò che si fa o in ciò che si ha e così la vita non ha mai pace. Invece, immedesimandosi nell’esperienza di Maria, dei pastori, dei Magi, si coglie che la certezza è qualcosa che ci è accaduto, Uno che ci è accaduto. È un Altro che si introduce nella vita e da quel momento la nostra identità coincide con quell’avvenimento. Anche l’esperienza naturale permette di intuire l’esistenza del Mistero e di cogliere il suo nesso con l’uomo, ma ciò che è accaduto a Maria e ai pastori è totalmente diverso: un fatto si è imposto e ha bruciato anche la coscienza della loro attesa. Si è trattato di una presenza invadente, tanto che non si sono fermati a ragionare sulle loro aspirazioni perché quel bambino dettava ormai tutto. Questa tenerezza di Dio nei nostri confronti è un milione di volte più grande dell’abbraccio dell’uomo alla donna. Dalla certezza di questo fatto nascono due corollari: il primo è l’inclusività di tale tenerezza che arriva ad abbracciare tutte le cose e le persone che si incontrano; il secondo è il fatto che il peccato non è più determinante, perché si fa esperienza di un perdono continuo. La vita, allora, non è più nostra ma è missione, cioè è spesa per comunicare ciò che è accaduto. Missione è rendere presente quello che si è reso Presenza a noi ovunque siamo.
QUARESIMA
Nella Quaresima la Chiesa invita alla conversione, non in modo formale, ma attraverso tre segni concreti. Il primo è la preghiera. Il senso della preghiera è l’attesa di Cristo, della Sua manifestazione, e da ciò nasce la memoria. Per un uomo innamorato la memoria della donna coincide con il desiderio di rivederla e lo stesso accade con Cristo. La preghiera ha come prima implicazione la sicurezza nel fatto che Egli compirà il Suo disegno in noi e tale sicurezza è garantita da un’esperienza che già si fa nel presente. La seconda implicazione della preghiera riguarda il valore del tempo che passa. Normalmente percepiamo il tempo come inutile o come un limite perché da soli non siamo in grado di compierci e allora la preghiera diventa pretesa. Invece, è l’avvenimento di Cristo che determina la vita e il tempo è dato perché la libertà di Dio si sveli fino vincere la nostra fragilità. Solo nel tempo la Resurrezione di Cristo diventa nostra e la sicurezza non sta nella capacità di ciascuno, ma nella Sua presenza. Il secondo segno concreto della Quaresima è il digiuno, cioè il sacrificio, che significa essere fedeli a ciò che è più significativo. Soprattutto nell’affettività, nei rapporti occorre essere fedeli e il test di tale posizione è la libertà nei confronti dell’altro e delle proprie capacità. Il terzo segno che la Chiesa indica è la carità fraterna. Normalmente si tende a strumentalizzare l’altro e tale atteggiamento nasce dalla mancanza di semplicità di cuore.
PASQUA
Il Mistero non è semplicemente l’ignoto, ma è l’ignoto in quanto diventa contenuto di esperienza sensibile, si rende presenza nella storia dell’uomo. La Resurrezione è il culmine del mistero cristiano ed è allo stesso tempo il culmine dell’intensità della nostra autocoscienza. Quell’avvenimento è la chiave di volta per una novità nel rapporto con me stesso, con gli altri uomini e con le cose. Per questo la Resurrezione è stato il primo e fondamentale contenuto del messaggio cristiano: «Se Cristo non è resuscitato vana è la nostra fede». Non si tratta di un’esperienza interiore, gli apostoli hanno dovuto arrendersi davanti all’evidenza dei fatti. Allora il valore di ogni cosa che dobbiamo fare, piccola o grande, nasce dal fatto che in essa vibra la Resurrezione di Cristo. L’immergersi nel suo mistero di Resurrezione è un giudizio, è l’atto supremo della ragione umana che avviene per grazia, quindi occorre domandarlo. Domandare di riconoscerlo è il realismo più grande che si possa avere perché l’alternativa a Cristo risorto è il nulla. Invece, quando ci immergiamo in questo Mistero tutto rinasce, il reale si rigenera e appare nella sua verità ultima. Anche lo spazio e il tempo non sono più limiti per la nostra umanità, ma diventano fattori espressivi, diventano la possibilità di partecipare alla signoria di Cristo sul mondo.
ASCENSIONE E PENTECOSTE
Il compimento della resurrezione è l’Ascensione al cielo. Il cielo non è un luogo lontano dalla terra, ma è la profondità della terra stessa, la verità e l’origine delle cose. Su queste ora Cristo ha un possesso definitivo, che si manifesterà secondo il disegno del Padre, perciò l’Ascensione non è altro che l’estensione della resurrezione a tutto il mondo. Ma come possiamo iniziare a vivere e a giudicare tutto a partire da un giudizio del genere? Questo accade grazie allo Spirito che spinge i rapporti alla loro verità e genera un’affezione e un’intelligenza nuova in noi. Ora, perché tutto questo accada, deve trattarsi di un fatto presente, contemporaneo alla vita. Perché la vita cambi occorre vivere per Cristo, ma Egli deve essere presente oggi e lo è attraverso una realtà umana, la Chiesa, che è una compagnia di uomini precisa nei suoi confini. Possiamo resistere a questo fatto a causa di una trascuratezza verso il nostro io, oppure per la volontà di affermarci a tutti i costi o per un moralismo farisaico. Invece, riconoscere il mistero di Cristo rende immediatamente coloro che lo seguono una cosa sola, un’unità che è la vera testimonianza per il mondo. Tale unità genera come frutti nel singolo la gioia e la libertà come inizio di un’umanità diversa.
TEMPO ORDINARIO
Il tempo dopo la Pentecoste si apre con la festa della Trinità, Cristo è lo strumento attraverso il quale il mistero del Padre e dello Spirito si rivelano. Se la Trinità è il Signore della vita, allora la vita ha senso solo come offerta, come sacrificio a Essa. Ogni respiro della vita possiede la grandezza di questa offerta che genera la vera autonomia della persona, la sua consistenza. Il fattore generativo della coscienza nuova di noi stessi è lo Spirito che ci conosce veramente, per questo il nostro compito in questo tempo è invocarlo. In tale invocazione sta l’alimento, la chiarezza per la coscienza. Si tratta di un continuo allargamento della misura della ragione, perché la tendenza normale porta a ridurre Cristo, invece occorre chiedere allo Spirito che ci faccia capire e compiere le dimensioni di Cristo. Il supremo dono che lo Spirito fa all’uomo è la consapevolezza della misericordia, l’esperienza della vita come perdono. La Resurrezione rompe le leggi normali della natura e attraverso il perdono rinnova la faccia della Terra.
MARIA NEL MISTERO DI CRISTO E DELLA CHIESA
La parola che domina in Maria è l’umiltà. La Madonna aveva coscienza di essere niente, come tutto è niente. Questa coscienza spesso genera tristezza o cinismo, mentre in lei ha generato un’attesa. L’attesa nasce dal fatto che, anche se siamo un nulla, siamo dei “nulla” chiamati. Così quando l’angelo le ha dato l’annuncio si è rivelata la sua posizione autentica, vale a dire quella del sentimento religioso. Il sentimento religioso nasce nel rapporto tra il nostro niente e la coscienza che a Dio nulla è impossibile. Per questo il suo nulla è stato preso ed è diventato veicolo del più grande Mistero della storia: Dio si è reso visibile, è diventato suo figlio. La sua libertà attraverso il fiat ha aderito all’essere e la grandezza dell’uomo sta proprio nel riconoscimento della presenza del divino in una realtà umana. Maria è diventata protagonista della storia perché ha detto «sì», come Pietro dopo il tradimento, ha accettato la proposta di Cristo: «Seguimi».
EUCARESTIA: LA GRANDE PREGHIERA
L’Eucarestia identifica il metodo con cui Dio si è manifestato rispondendo all’esigenza che costituisce il cuore dell’uomo. Tale manifestazione accade in un punto del tempo e dello spazio, così che la verità è la presenza di quell’uomo, Cristo. Allora la realtà sensibile non è più opposta al Mistero, per questo la preghiera diventa offerta, ovvero il riconoscere che tutto è fatto da Dio, e il culmine dell’offerta è Cristo che dona se stesso. Nell’Eucarestia la realtà carnale, il pane e il vino, coincide con il mistero del Figlio di Dio. Il particolare apparentemente effimero diventa espressione del divino, questo è l’inizio del trionfo di Cristo nel tempo e nello spazio. Tale trionfo sarà completo solo alla fine del tempo, ma ora inizia già attraverso il suo popolo, che si manifesta nel mondo come sorgente di pace.
EUCARESTIA: UNA REALTÀ PRESENTE, FAMILIARE
Il momento paradigmatico del rapporto tra l’uomo e Cristo è quando, durante l’ultima cena, Giovanni appoggia la testa sulla spalla di Cristo. L’uomo non è più di fronte a un Dio vago e lontano, ma il Mistero che fa le cose è così concreto da poter appoggiare la testa sulla Sua spalla. Ciò che accade nel Sacramento è esattamente la stessa cosa: Dio si rende sensibile, si traduce in una realtà totalmente umana. Per accostarci al Mistero occorre una sola cosa: essere coscienti della propria povertà colpevole, della propria incapacità totale. Questo dolore non è un sentimento ma un giudizio su noi stessi ed è ciò che basta a Dio per trovare un punto d’appoggio sul quale far leva e realizzare la nostra conversione. Ciò che tiene lontani dai sacramenti non è uno stato d’animo, ma la menzogna verso se stessi, cioè il non accettare il desiderio di bene che costituisce il cuore. Invece, il Sacramento è la forma più semplice di preghiera, perché è sufficiente essere presenti, esserci e chiedere di diventare se stessi.