Il senso religioso
Il testo, che propone appunti delle lezioni dell’Autore presso il liceo Berchet di Milano, anticipa in sintesi i contenuti che sono stati più tardi sviluppati nei tre libri del PerCorso (Il senso religioso; All’origine della pretesa cristiana; Perché la Chiesa).
Parte prima: il fondo della questione
Il senso religioso si pone a livello delle domande ultime: qual è il senso esauriente dell’esistenza? Qual è il significato ultimo della realtà? Ogni principio o valore che risponde a queste domande esprime una religiosità, afferma un dio. Il senso religioso, per sua natura, è un fattore ineliminabile dell’esistenza: l’uomo non può evitarlo anche se può cercare di rifiutarlo o di contraddirlo.
Parte seconda: conoscenza e mistero
Come una macchina per poter funzionare ha bisogno di qualcuno che la metta in moto, così il senso religioso ha bisogno di un richiamo esterno per entrare in funzione. Il richiamo viene da Dio attraverso la realtà creata: per questo l’ansia di ricerca e l’impegno con la realtà contraddistinguono gli spiriti grandi e gli uomini vivi.
Rendendosi presente all’uomo attraverso un segno, la realtà appunto, Dio non si impone all’uomo ma ne rispetta con discrezione la libertà. La realtà appare dunque come una penombra: l’uomo può scegliere di guardare, ma anche di voltare le spalle alla luce, vale a dire al significato che si intuisce nelle cose. L’uomo vive però una strana paura di affermare l’essere e solo in una comunità umana l’energia della sua libertà può essere sostenuta.
Il segno è qualcosa che, mentre rivela, vela. Di fronte ad esso, infatti, la ragione è costretta ad ammettere l’esistenza di un incomprensibile, di un mistero: la vita è legata a un Dio che l’uomo non è in grado di conoscere. Tale situazione pone la coscienza umana sulla soglia di un abisso, ed è naturale sentirne la vertigine; la tentazione più ricorrente è quella di ridurre l’oggetto della propria ricerca, identificandolo con qualcosa che si sceglie dentro l’ambito della propria esperienza e corrompendo così il senso religioso in idolatria. Ma l’idolo non potrà mai rispondere pienamente alla domanda di infinito. Constatando questa difficoltà, san Tommaso afferma la necessità di una rivelazione, descrivendola come un’ipotesi «adatta» e corrispondente all’uomo.
Parte terza: rivelazione
Di fronte alla rivelazione di Dio, che emerge come un fatto nella storia, l’unica domanda è se questo fatto sia realmente accaduto.
La notizia di una rivelazione è documentata la prima volta con Abramo. Dio si rivolge ad Abramo in termini a lui comprensibili – è la prima caratteristica della rivelazione – e suscita in lui una coscienza ancora più profonda dell’inconoscibilità del mistero. La figura di Abramo mostra anche che l’uomo diventa degno di Dio quando assume di fronte a Lui l’unica posizione vera: una disponibilità assoluta.
La notizia della rivelazione, che ha un punto di riferimento luminoso nelle figure dei profeti, trova la sua realizzazione piena con Gesù Cristo. Quando, di fronte alle domande di molti, Egli risponde di essere Dio, il gruppo che lo segue non capisce la risposta ma la trattiene: è una risposta misteriosa, che però si adatta più di ogni altra a quell’uomo. Tale rivelazione porta a conoscere la natura più segreta dell’Essere: nessuna scoperta umana potrà mai raggiungere un oggetto più profondo e definitivo. La comunicazione suprema e definitiva di Dio all’uomo non solo non diminuisce la soggezione verso di Lui, ma provoca anche la dipendenza più completa che si possa immaginare: un amore che dà alla personalità dell’uomo il volto stesso della persona amata. «Non sono più io che vivo; Cristo vive in me» (Gal 2, 20).
Parte quarta: presenza e storia
Come arrivare oggi all’incontro con Cristo, che duemila anni fa camminava per le strade della Galilea e della Giudea? Il metodo è vivere nella comunità della Chiesa, la continuità di Cristo nel tempo e nello spazio. La Chiesa è per il senso religioso quello che è Cristo: «pietra d’angolo», roccia su cui l’uomo costruisce.
La Rivelazione non si conserva meccanicamente e richiede un impegno costante della ragione, investita ed elevata dalla virtù della fede, infusa con il battesimo. Quanto più l’uomo rende familiare a se stesso la verità di Cristo, tanto più questa penetra nel suo modo di concepire tutte le cose e di impostare l’esistenza. Questa familiarità avviene dentro la Chiesa: i sacramenti sono i gesti di Cristo che si prolungano nei secoli, mentre la liturgia assicura una pedagogia che maturi l’infantile ed involuto spirito umano a quel misterioso incontro.
La coscienza religiosa nell’uomo moderno
Come ha osservato Reinhold Niebuhr, «gli uomini raramente apprendono ciò che credono già di sapere»: ciò è vero a proposito del fatto religioso in genere, e del cristianesimo in particolare.
Parte prima: «È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?...»
Oggi il senso religioso dell’uomo è continuamente obliterato e cancellato, come se non fosse un fattore vivo e determinante la vita. Le tappe storiche di questa dimenticanza sono tre: il diffondersi dell’idea che il senso della vita consista nel successo (Umanesimo), una fiducia assoluta riposta nella natura (Rinascimento), la certezza che la ragione possa piegare la natura a qualunque suo cenno e comando (epoca delle scoperte scientifiche). Dio, in questo percorso, non è eliminato, ma più subdolamente si ritiene che non c’entri nulla con l’uomo concreto, con i suoi interessi e i suoi problemi. Si tratta di un laicismo non teorizzato ma vissuto.
Le conseguenze di questa posizione sono quattro «riduzioni». La ragione, sguardo spalancato sulla realtà, diventa «misura di tutte le cose»; la libertà, energia di adesione al reale, diventa assenza di legami; la coscienza, concepita nella tradizione cristiana come il luogo dove emerge un ordine dato da un Altro, diviene il luogo di un’interpretazione soggettiva; la cultura diventa una proiezione umana sul reale per possederlo, e non più un cammino di realizzazione che riguarda l’essere dell’uomo.
La sindrome di ottimismo introdotta dall’Umanesimo, dilatata dal Rinascimento, consacrata dal razionalismo, è stata frustrata nel XX secolo dalle due guerre mondiali: l’uomo, nuovo dio, si era detronizzato con le sue stesse mani.
In seguito a queste contingenze storiche nel secondo dopoguerra si è diffuso in Europa e nel mondo uno smarrimento culturale. L’uomo moderno ha maturato una profonda angoscia di fronte all’enigmaticità del significato e una disperazione etica per l’impossibilità di una lealtà ultima con se stesso. Le conseguenze antropologiche di questo atteggiamento sono la perdita del gusto del vivere, una ricerca disperata di significato nei sistemi di pensiero e nelle ideologie, la distruzione dell’utilità del tempo, la solitudine, l’affermazione dell’impossibilità di ogni rapporto, la ricerca affannosa di un senso del vivere in un volontarismo stoico.
Ma la posizione dell’uomo è sempre una scelta, un’opzione: egli si trova in ogni istante di fronte alla possibilità di chiudersi di fronte alle cose, scegliendo di non guardarle, o di permanere in quell’apertura originale che lo lancia nell’universale paragone.
Parte seconda: «...O è la chiesa che ha abbandonato l’umanità?»
Oggi il fatto cristiano, e in particolare il cattolicesimo, si presenta al mondo profondamente ridotto e di conseguenza indebolito nella lotta contro la mentalità secondo cui Dio non c’entra con la vita. Le riduzioni consistono in un soggettivismo di fronte al destino, come concezione e come prassi, in un moralismo accentuato, di fronte ai valori esaltati dalla cultura dominante, e in un allentamento dell’unità viva del popolo di Dio con la propria tradizione attorno al Vescovo di Roma.
Al contrario, il cristianesimo può essere un fattore drammaticamente decisivo per l’uomo solo se è «riconcepito» nella sua originalità. Il fatto cristiano è innanzitutto un fatto oggettivo, che non chiede di immaginare o inventare, ma di seguire; in secondo luogo, proprio per l’affermazione dell’oggettività della strada al destino, ogni moralismo è sostituito dalla certezza nella Grazia.
Due sono le caratteristiche del cristianesimo così concepito: la coscienza che l’incontro con Gesù è un fatto totalizzante che trasforma ogni particolare della vita e la nascita di una cultura nuova che trae origine da questo incontro.
Il fatto di Cristo è presente oggi nell’unità dei credenti, nel popolo di Dio, la Chiesa. Nella Chiesa la concretezza storica attraverso cui Cristo raggiunge l’uomo, lo provoca e lo educa si chiama «movimento». Per questo Giovanni Paolo II disse: «La Chiesa è movimento».