Romano Guardini (Verona 1885 - Monaco di Baviera 1968) è, indubbiamente, uno dei teologi più significativi del Novecento. La sua copiosa opera, che spazia dai temi di natura antropologica e pedagogica a quelli di politica e di estetica, è intessuta della drammatica riflessione sul fondamento della vera identità cristiana. Di fronte all’avanzata delle ideologie totalitarie e alla manipolazione dell’essenza religiosa dell’uomo, Guardini, in dialogo con la modernità, si adopera per superare la riduzione del cristianesimo a dottrina, riaffermandone «l’essenza»: Cristo stesso.
Luigi Giussani (Desio 1922 - Milano 2005) è tra coloro che colgono la novità di Guardini e dei suoi scritti, letti e studiati già durante la sua formazione seminaristica. Giussani fin da subito condivide l’approccio di Guardini all’uomo e alla storia, la necessità di una ricomprensione e rifondazione dei concetti di fede e religiosità, del superamento della riduzione razionalistica del cristianesimo a insieme di norme o a sistema etico, riaffermandone la sua natura di «avvenimento».
In un dialogo a distanza, Giussani rilegge, con accenti personali e innovativi, alcuni temi guardiniani, come la concezione della realtà della Chiesa, del significato della moralità e della cultura, fino a una ripresa del significato del potere e del senso dell’agire umano. L’incontro e il confronto con l’opera di Guardini nella «lettura originale» di Giussani si offre, così, come occasione di approfondimento di alcune categorie-chiave della loro esperienza e del loro pensiero. [Dalla quarta di copertina].