Prima lezione
Il tema fondamentale è il testo del Volantone del 1986, nel quale Ratzinger domanda: «Che cosa accade quando io stesso mi faccio cristiano?». Cosa significa essere cristiani? Innanzitutto, sottomettersi al nome di Cristo e quindi spendere la propria vita in funzione del Padre. Cristo è un modello di umanità, nel quale emerge la coscienza profonda di appartenere al Padre. Per l’uomo moderno la coscienza è il luogo dei propri pensieri, ma il cristiano è un uomo nuovo, uno per il quale la coscienza è il luogo dove si cerca la verità di un Altro. Il peccato è il venir meno di questa consapevolezza e senza di essa la vita è meno umana, meno ragionevole. Scegliere per o contro tale coscienza dipende dal gioco della libertà. Si può scegliere di non aver paura del proprio limite e affidarsi a Cristo, ma questo implica un sacrificio. La libertà sta nella capacità di sacrificio, vale a dire nell’affermare non la propria misura, ma quella di un Altro.
Seconda lezione
L’uomo di oggi è sistematicamente educato a distogliere lo sguardo da ciò a cui appartiene, da Dio. Il rifiuto di Dio è la forma culturale del nostro tempo. Il senso della vita è riposto nella riuscita, il cui contenuto è fissato dal singolo. La moralità, così, coincide con l’istinto e la ragione diventa autonoma. Ma in un mondo vissuto in questi termini la libertà è abolita. Se l’uomo è ridotto a un pezzetto di materia, in tutto derivante dai suoi antecedenti biologici, non può essere libero, dunque è schiavo del potere. L’unica alternativa è che l’uomo sia diretto rapporto con l’infinito, solo così può esistere libertà.
Per riappropriarsi di tale rapporto occorre strapparsi dalla propria misura e tenere fissi gli occhi là dov’è la vera gioia. Questo sacrificio genera un amore autentico e fa sorgere tra gli uomini la fraternità; la vita diventa servizio a qualcosa d’altro.
Terza lezione
Ci sono figure, come Icaro e Ulisse, che rappresentano l’impeto con cui il cuore umano tende alla verità, ma sono tragiche perché la condizione umana li rende incapaci di raggiungere la meta. Da quando, però, il Padre si è fatto presenza, questo mito è diventato realtà. Icaro è l’uomo che ha conosciuto il Signore e vive lanciato nel rapporto con il cosmo; ogni sua azione è misurata nel rapporto con Lui. I gesti quotidiani diventano un sepolcro se non hanno un respiro simile. Vivere per meno di questo ideale significa schiantarsi a terra. Ecco perché occorre restare attaccati alla compagnia. Essa permette di vedere Cristo che penetra il tempo e lo spazio, come è stato per i discepoli di Emmaus. Tale compagnia si crea e cresce dentro alcune condizioni. La prima è la libertà: ciascuno porta personalmente la responsabilità della propria vita. Le altre condizioni sono l’obbedienza, vale a dire la preghiera e la sequela, la verginità, cioè la carità come gratuità nei rapporti, e la povertà.