Secondo Giussani, chi non è disposto a rivivere in qualche modo la storia del popolo ebraico non può comprendere sino in fondo l’esperienza cristiana. La vicenda storica di Israele è, infatti – come dice san Paolo –, pedagogica a quella di Cristo, cioè attraverso di essa il Mistero ha inteso indicare all’uomo che Egli solo è Dio e che il metodo con cui Egli opera nella storia è attraverso la preferenza di un punto determinato di tempo e spazio. I salmi, nella forma del canto poetico, narrano questo dialogo continuo tra Dio e il Suo popolo.
Ci sono alcuni aspetti, secondo Giussani, che i salmi costringono a considerare. Innanzitutto, il salmo rappresenta l’uomo con cui Dio ha stretto alleanza: esso, dunque, aiuta a comprendere il fatto della morte e resurrezione di Cristo. Senza l’Eucarestia, tuttavia, l’esperienza dei salmi non basterebbe: quest’ultima, infatti, è la vera «pietra angolare». In questo sacramento la persona che vi partecipa è trasformata allo stesso modo di come lo sono il pane e il vino sull’altare, divenendo corpo e sangue di Cristo. I salmi, perciò, invitano ogni cristiano a rispondere all’urgenza che il Suo comandamento entri nell’esperienza della vita. Perché accada questa identificazione tra Cristo e il singolo occorre, però, il tempo. In secondo luogo, il salmo svela che tutti i sentimenti dell’uomo sono salvati. Non vi è paura, tentazione, incertezza che siano da eliminare: tutto è compreso per essere reso nuovo. Infine, il salmo richiama alla presenza del «nemico», del Maligno. I nemici sono coloro che non considerano il Fatto di Cristo, che non partono dal Suo comandamento.
Per questo occorre giudicare, per evitare di scegliere ciò che si mostrerebbe come perfetto e invece è solo caduco. La memoria è la fedeltà al Fatto che ci è stato dato. Perché questa identificazione fra Cristo e il singolo dia frutto occorre che quest’ultimo dica «sì» alla memoria. Nulla, infatti, accade automaticamente. Dipende dalla libertà del singolo che la «pietra angolare» diventi una possibilità di gioia per la vita. La decisione dell’esistenza sta tutta nel conservare la memoria di questo Fatto.
Nel cammino anche la tentazione è un modo con cui Dio può richiamare alla «pietra angolare». Perciò il male ha il suo paradossale significato nel far raggiungere la Presenza. È di fronte alla prova, infatti, che viene fuori la «pietra» e non esiste prova più terribile del peccato. La tentazione e il male valgono, dunque, per una ripresa più profonda.
L’esito di questo atteggiamento di memoria che caratterizza la vita del cristiano sta tutto in questa affermazione del salmo 26: «La mia vita sarà conservata». Da questa certezza risorge continuamente il desiderio di perfezione che entra in tutto, nel mangiare e nel bere, nel dormire e nel lavorare. Perché questa coincidenza tra istante e significato accada occorre che il cristiano guardi in faccia il contenuto della memoria e basta.
Nel volume sono riportati alcuni dei commenti ai salmi che Giussani ha svolto negli anni in occasione di raduni e convegni diversi, in particolare con i membri dei Memores Domini. Per comprendere la profondità e l’originalità di approccio dell’Autore, se ne sono scelti alcuni a titolo esemplificativo.
Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi? (Salmo 8)
I salmi descrivono l’uomo «uomo», con tutti i suoi sentimenti e tutte le contraddizioni in cui si trova. «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la Tua potenza»: solo se rimane come un bambino l’uomo è in grado di comprendere la potenza di Dio. «Se guardo le stelle che tu hai fissato chi è mai l’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato». Dio ha dato gloria e onore ad ogni io: qui sta la dignità ultima di ogni persona, in qualsiasi condizione essa si trovi. La ragione di questa dignità unica tra tutte le creature è connessa al potere che Dio ha dato all’uomo sulla realtà creata. Da qui è nato anche il degrado dell’uomo. L’illusione e la pretesa di sentirsi potente, di percepirsi «misura di tutte le cose», infatti, hanno confuso la ragione dell’uomo. Dio dà valore al singolo io perché questi è rapporto diretto con Lui: l’io, infatti, è quel livello della natura in cui essa prende coscienza della dipendenza che la costituisce. Il lavoro, perciò, è la modalità con cui l’uomo realizza la sua persona, cioè prende in mano ciò che Dio ha iniziato.
La tua grazia vale più della vita (Salmo 63)
«Di te ha sete l’anima mia»: le giornate di ognuno sono descritte dal desiderio di soddisfazione. L’uomo, tuttavia, non possiede mai veramente quello che desidera. Per questo, in ogni cosa, anela all’origine da cui scaturisce tutta la realtà. «Nel santuario ti ho cercato»: il santuario è il luogo dove si radunano coloro che Lo riconoscono. Nella Sua dimora tutta la realtà è guardata e giudicata a partire dalla grande Presenza. «A te si stringe l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene»: quest’immagine descrive la purità e l’originalità dell’uomo creato. Cristo è venuto per ristabilire questa autenticità dell’uomo così come l’ha fatta il Mistero. Il metodo del rapporto con Lui l’ha stabilito Cristo stesso e coincide con una familiarità attraverso la quale ognuno è chiamato a partecipare del rapporto con il Mistero. Questa frase del salmo 63 consacra, perciò, la fisicità della Sua presenza nella compagnia vocazionale. Da questo punto sicuro prendono slancio la misericordia verso se stessi e lo struggimento per il mondo. Il Suo volto si svela nella letizia di chi Lo ha incontrato. Questa letizia non coincide, tuttavia, con un sorriso superficiale ma con il riconoscimento della definitiva positività dell’essere. Per questo, essa nasce dalla certezza della Presenza. Dire «c’è il Paradiso», infatti, significa dire che l’istante ha un valore eterno. La certezza dà sempre letizia.
Mia forza e mio canto è il Signore (Salmo 118)
«Che cosa può farmi l’uomo?»: neppure il male che sempre caratterizza l’esperienza umana può impedire l’amore di Cristo. La vittoria che vince il mondo, perciò, è la fede. La certezza e il conforto che vengono nell’affrontare la vocazione alla verginità stanno tutti nel richiamo del salmo 118: «Eterna è la Sua misericordia». Questo significa che ciò che decide è la scelta operata da un Altro che trascina la vita nella costruzione del Suo regno. Di fronte ai «nemici» che attaccano il cuore e la vita ogni giorno la posizione del cristiano non può essere passiva. Egli è chiamato ad un «lavoro» che partecipa all’azione di Dio contro il male e la menzogna. «Mia forza e mio canto è il Signore»: questa è la parola del mendicante, di chi non ha niente. «Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore»: questa frase del salmo descrive la vittoria che Cristo opera con la Pasqua, scuotendo la distrazione in cui normalmente il cristiano vive. Mettersi di fronte alla Sua presenza permette di accorgersi della misericordia con cui Dio investe la vita. Per questo questa frase è un test della capacità che il cuore ha di ripresa, di stupore di fronte alla Sua misericordia senza fine.